Nata nel 1858 di quattro anni, dunque, più giovane di Arthur (Jeanne-Rosalie) Vitalie Rimbaud morì appena diciassettenne per una sinovite tubercolare, e il fratello ne soffrì molto poiché ne era particolarmente legato. Aveva, dice Delahaye, «la pelle chiara, i capelli castano scuro e gli occhi azzurri di Arthur». Nell'estate del 1874 si recò con la madre a Londra dove il fratello, che si trovava lì dal 25 marzo con Germain Nouveau, si era forse ammalato.

Il Museo Rimbaud di Charleville possiede tre quaderni in cui Vitalie racconta alcuni periodi della sua vita. Riportiamo qui il primo (di cui esistono varie versioni in parte riviste dalla sorella Isabelle) che ci consente di conoscere la vita londinese di Arthur Rimbaud e i suoi rapporti "normali" con la famiglia. La prima parte (34 fogli) contiene infatti le note sul soggiorno alla fattoria di Roche fra l'aprile e il settembre 1873; la seconda (10 fogli) contiene i ricordi sul viaggio a Londra. Questo quaderno ha 14 fogli allegati, in formato diverso, scritti a matita e a inchiostro: sono le note fissate giorno per giorno durante il viaggio.

La scrittura di Vitalie rivela un animo molto profondo e sensibile, e un intenso amore per la vita.

La sorellina di Arthur scrisse anche delle poesie (vedi a fondo pagina).

 

 

 

Vitalie Rimbaud a 15 anni
Vitalie Rimbaud a 15 anni

Diario

 

 

 

Aprile - settembre 1873 (soggiorno a Roche)

 

   Ciò che segue riassume i fatti principali, e insieme le impressioni che ho provato durante il mio soggiorno a Roche.

   Il 5 aprile 1873 siamo partiti da Charleville in quattro, la Mamma, nostro fratello Frédéric e mia sorella Isabelle. Il momento della nostra partenza e così pure tutto il nostro viaggio fu per me causa di dolci e profonde emozioni che la mia memoria ha conservato abbastanza fedelmente.

   Era per così dire la prima volta che viaggiavo per ferrovia. Vedevo con gioia il mio arrivo a Roche in quella casa che avevo visto, è vero, tre anni prima, ma il cui ricordo era rimasto nella mia mente solo molto confusamente. Mi vedo ancora su quella strada che porta da Attigny a Roche, 4 chilometri e 1 ettometro di distanza. Guardavo ansiosamente e non vedevo comparire il tetto a pignone della casa e nemmeno la colombaia di fianco, finché infine la vediamo, attraverso gli alberi che la circondano, e presto scendiamo dalla vettura e calpestiamo la soglia di questa casa che non ci aveva più visti da lunghi anni. Riconoscevo appena quella grande stanza fredda e umida che i balconi chiusi da molto tempo non consentivano di esaminare con comodo. La cucina non mi era del tutto sconosciuta. Tutto era ancora nello stesso stato di quando vi eravamo stati tre anni prima. Le camere in alto, il grande granaio sopra erano sempre gli stessi. Il cortile silenzioso e deserto era coperto d'erba e quei muri anneriti e calcinati dal fuoco erano sempre in piedi. Tutta la sera passò a esaminare al chiaro di luna, i giardini, le canapaie e il vigneto. Quasi mi perdevo in tutto ciò; tutto era nuovo per me adesso. Era con un vero piacere che calpestavo quella terra testimone in seguito di tante emozioni diverse. Dimenticavo Charleville che mi pesava in modo insopportabile solo due giorni prima; le avevo detto addio con una gioia senza pari, contando di rivederla solo dopo molti giorni di piaceri per me sconosciuti.
    Era molto tardi quando siamo rientrati. Una notte dolce e piacevole, nella quale ho gustato sogni deliziosi quanto lo consentivano il mio cuore e il mio spirito cullati dalle più tenere e più gioiose illusioni, ristorò per quanto possibile le fatiche dovute a un primo viaggio.
   A partire dal giorno dopo ho sistemato tutte le mie cose come se avessi dovuto passare lì la maggior parte della mia esistenza. C'era un tempo magnifico, con un sole caldo e vivificante, un bellissimo cielo in cui non si scorgeva nemmeno la più leggera nuvola, una brezza pregna dei più soavi profumi veniva dai giardini dove si schiudevano già fiori odorosi destinati ormai ad affascinare più di una volta i miei occhi meravigliati dai loro vivi e freschi colori e dalla loro varietà veramente stupefacente.
   Roche è un piccolo paese situato in una zona circondata e ombreggiata da alberi alti e imponenti. Immensi pioppi che oscillano al minimo soffio di vento, grandi meli e peri carichi in questa stagione di una neve profumata si trovano in gran quantità nel paese e nei dintorni.
   Il terreno è piatto, ricco e fertile. A parte qua e là dei piccoli boschi e boschetti, si scorgono in lontananza i mulini a vento di Vaux-Champagne. Ai piedi del paese scorre un ruscello fresco e limpido, al quale gli abitanti hanno dato il nome di [bianco]. Formando mille graziosi meandri in una verde e ridente prateria, famosa per l'abbondanza e la bontà del suo fieno, va a perdersi dolcemente nel canale in fondo al paese di Voncq. Da [illeggibile], è così che chiamano questa grande prateria, si scorge perfettamente la fattoria molto imponente di Fonteneille situata su un rilievo circondato da terreni giallastri ai cui piedi scorre [la Loira]. Molto più a est, Voncq, che mi richiama tristi ricordi ancora molto recenti per me, si innalza ancora fieramente nonostante le sue rovine sulla cima di un poggio; da qualunque lato ci si trovi, gli occhi non possono perderla di vista nemmeno a due miglia tutto intorno.
   Vicinissimo a Roche, soltanto a un chilometro, si trova il paese di Saint-Méry: piccolissimo paese in cui vivono circa un centinaio di abitanti. Molto vicino al paese, il castello di Méry che in questo momento appartiene al signor Flamanville.
   Credo che Roche sia il paese più gradevole che abbia conosciuto mentre ho abitato lì, benché non sia molto grande; c'erano tredici case di una certa importanza; circa centodieci o centoventi abitanti; non so se grazie alla disposizione delle case o al carattere delle persone o all'abitudine ad abitarci, ma Roche è rimasta nel mio spirito in un modo eccezionalmente piacevole. La nostra casa è la seconda del paese venendo da Attigny; si trova sulla piazza. Non c'è chiesa né scuola comunale; eravamo sempre costretti ad andare a messa una settimana a Méry, un'altra a Rilly-aux-Oies, il paese più vicino a casa, o altrove.


   Parlerò prima di tutto della sistemazione della nostra casa. Avevamo una stanza di sotto dove dormivamo, mia madre, mia sorella e io, e dove stavamo abitualmente; questa stanza dà sulla strada. Dietro sul cortile un forno, di fianco la cantina sotto la legnaia; l'altro lato del corridoio, che comprende una grande cucina sulla strada [e,] sul cortile due piccole camere, era occupato da un inquilino. Saliamo al primo piano; una camera che da sul cortile, un'altra sulla strada, era la camera di mio fratello; di fronte un'altra camera grande come quella di cui ho appena parlato e, ancora dietro, un'altra stanza appartenente all'inquilino citato prima; il secondo piano è occupato da un immenso granaio.


   Arrivammo così al venerdì santo.
   Quel giorno doveva fare epoca nella mia vita, perché fu segnato da un incidente che mi colpì particolarmente; senza esserne per cosi dire preavvertiti, l'arrivo del mio secondo fratello venne a portare al colmo la nostra gioia. Mi vedo ancora nella nostra camera, dove restavamo abitualmente occupate a sistemare qualcosa; mia madre, mio fratello e mia sorella erano vicino a me, quando un colpo discreto risuonò alla porta. Andai ad aprire e... immaginate la mia sorpresa, mi trovai faccia a faccia con Arthur. Passati i primi momenti di stupore, il nuovo arrivato mi spiegò la ragione di questo avvenimento; ne fummo molto felici e lui ben contento di vederci soddisfatti. La giornata passò nell'intimità della famiglia e a visitare la proprietà che Arthur non conosceva quasi per nulla, per così dire.
   La domenica seguente, giorno di Pasqua, assistemmo alla messa nella cappella di Méry [...]


   Ritorno alla domenica, giorno di Pasqua. Dopo pranzo, faremmo quel giorno un giro in alcune delle nostre terre; ripassammo per il prato di [illeggibile], dove Frédéric ci venne incontro.


   Ma mentre le nostre mani attive lavoravano e seminavano un terreno ben preparato, degli operai, al lavoro da tre settimane o un mese, si occupavano abilmente della ricostruzione degli edifici della fattoria, bruciati cinque anni fa. Quei grandi muri calcinati e a metà caduti ispiravano qualcosa di spaventoso e di triste. Una riparazione spontanea era dunque necessaria; è quello che In fatto e, poiché era quasi la fine di giugno, l'opera quasi finita; insomma, in meno di otto giorni tutti gli edifici furono terminati [...]


   Il mese di luglio, quel mese ora straordinario per me, fu la cauta di molte sensazioni, di molte decisioni. Mentre le ore passavano per me veloci nei campi, mia sorella Isabelle rimaneva a casa, .i occupava dei lavori di casa, si prendeva cura con una sollecitudine che condividevo anch'io al mio ritorno e con un piacere esagerato dei coniglietti e dei pulcini che ci erano stati regalati; quelle bestioline erano oggetto, da parte nostra, di una straordinaria preoccupazione. Mio fratello Arthur non partecipava affatto ai nostri lavori agricoli; la penna era per lui un'occupazione abbastanza seria da non permettergli di impicciarsi dei lavori manuali.


   Quante volte sono andata, in quelle deliziose sere di luglio, quando tutto, dopo aver goduto del calore del giorno, riposava nella solitudine della notte, a sedermi sulla panchina di pietra sotto una siepe di carpini nel nostro giardinetto e lì, pensosa e abbandonata, mi lasciavo andare alle dolci emozioni che mi procuravano tutte le bellezze della natura.


   La luna, innalzandosi nobilmente in mezzo alle nuvole, gettava il suo mantello d'argento sulle ombre che sembravano a quell'ora grandi giganti che esploravano la loro proprietà; una ricca tovaglia scintillante si dispiegava sopra di me e, dall'azzurro intenso, si distaccavano dei diamanti d'oro; qualche volta al contrario, grosse nuvole si ammucchiavano nel cielo, simili a un gregge di pecore pigiate; la regina delle notti pallida e languente si nascondeva lontano da noi; il vento si agitava sempre più, il rumore appena sopito si svegliava di nuovo; gli alberi scuotevano i loro rami appesantiti; già in lontananza si sentiva borbottare il tuono; allora bisognava pensare a ritirarsi e a mettersi al riparo dall'uragano che stava per scatenarsi; infatti, pochi minuti erano bastati perché si avvicinasse; il temporale scoppiava; le spesse nuvole si disperdevano in una pioggia abbondante e poco a poco gli elementi scatenati si calmavano e riprendevano il loro corso ordinario; i burroni lasciavano scorrere via l'acqua, la terra beveva la pioggia, il vento taceva: tutte le persone, messe anche loro in agitazione dai bagliori del fulmine e la voce del vento, tornavano ora a riposare rassicurate; si sentivano soltanto le gocce di pioggia che cadevano di foglia in foglia a terra; il cielo si rasserenava, lasciandoci vedere la regina delle notti questa volta ancora più radiosa che mai. Ecco le serate che ho osservato tanto spesso in questo luogo, serate che mi sono sempre molto piaciute e alle quali dedico ancora con piacere alcuni ricordi fugaci. I temporali erano molto frequenti. Mi ricordo soprattutto di uno che ha causato danni molto gravi in molti paesi, particolarmente a Rilly, Attigny, Sainte-Vaubourg; le perdite sono state molto considerevoli; per sventura, era la vigilia della mietitura e molte ricche messi sono state distrutte. Quanto a Roche, è rimasto indenne da ogni danno.

 

   Arrivò la raccolta della frutta. Collaborammo tutti, più o meno. Io e Isabelle avevamo già un'occupazione che ci rendeva molto felici. Preparavamo a quell'epoca le nostre cose per rientrare dopo poco come pensionanti al Santo-Sepolcro. Erano sei o sette mesi che l'avevamo lasciato e questa separazione aveva singolarmente accresciuto, di giorno in giorno, il desiderio di rivederlo e di restarci di nuovo. Già da molto tempo ci pensavamo enormemente quando un giorno (vedo ancora il posto dove mia madre mi diede quel grande piacere) ricevetti da lei la promessa sicura che saremmo rientrate al convento il più presto possibile: immaginate la mia gioia. Si era allora alla fine di agosto; fin d'allora facemmo di tutto per essere diligenti e per essere pronte alla ripresa della scuola. Andammo parecchie volte a Vouziers a questo scopo. Con che rapidità sbrigavamo i lavori domestici, dato che la cura di una buona parte della casa era affidata a noi, e non potevamo dedicarci alle nostre cose che quando tutto era in ordine e ben sistemato. Ebbene, questa vita ci rendeva felici, molto felici.


   Com'è bella in questo momento la vasta prateria di Voncq; è molto verde e molto ridente, ma cerco invano di vedere i nostri prati su cui ho girato il fieno tre mesi fa; ah, probabilmente sono nascosti dietro quell'ammasso di peri e di meli e quelle deliziose casette che si trovano un po' al di sotto di me. Il canale bordato di grandi pioppi di cui mi sembra di sentire il rumore che fanno quando il vento temporalesco li scuote, rumore allora spaventoso, ma tanto dolce e soave quando, al contrario, è prodotto dalla brezza leggera e profumata di una bella sera d'autunno; è così che sento adesso quei grandi alberi parlare al mio orecchio; mi ricordano con molta dolcezza, quasi sottovoce, i battiti del mio cuore quando attraversavo il ponte del canale per andare da mia zia mentre a quel tempo avevo solo il desiderio di restare in quei luoghi così affascinanti.


   Non dicevamo quasi nulla. Isabelle e io provavamo le stesse sensazioni. Passammo per Attigny, Amagne. Là ci separammo da Frédéric con un po' d'emozione, e prendemmo la ferrovia che doveva condurci fino a Charleville. Mano a mano che ci avvicinavamo alla città, i nostri pensieri prendevano un altro corso, la nostra tristezza dileguava poco a poco e lasciava [il posto] a una nuova emozione, quella di rivedere il pensionato che amavamo e nel quale dovevamo recarci il giorno stesso. Finalmente si avvicina la fine del nostro viaggio, stiamo per entrare nella città che abbiamo lasciato sei mesi fa... Eccoci arrivate; Charleville è proprio sempre la stessa. Non è minimanente cambiata per noi. La riconosceremo dunque del tutto prima di metterci all'opera, che abbiamo deciso di compiere fino in fondo.

 

Dal 5 al 9 luglio 1874 (viaggio a Londra)

 

   Poiché desidero conservare le impressioni del mio viaggio in Inghilterra, le trascriverò su questo quaderno. Il 5 luglio 1874 ci siamo alzate molto presto; l'omnibus doveva venire a prenderci per portarci alla ferrovia alle sei e mezzo.

 

   Mia madre e io abbiamo accompagnato mia sorella Isabelle ieri alle otto di sera al Santo Sepolcro dove deve restare come pensionante fino al ritorno dal nostro viaggio. Nel separarmi dalla mia amata sorella, lacrime brucianti mi sfuggirono dagli occhi; [...]

 

   Una vettura si ferma davanti alla porta; è quella che deve venire a prenderci per condurci al treno; saliamo e, pochi minuti dopo, ci deposita alla stazione dove prendiamo subito posto in uno scompartimento.

 

   Finalmente scendiamo a Valenciennes. Cominciavamo a essere stanche, ma un po' di movimento ci rinfrancherà, abbiamo qualche ora a nostra disposizione per visitare la città.

 

   Risaliamo sul treno che ci porterà a Calais, dove dobbiamo prendere il battello per Dover. Finalmente ecco Calais; cerco di distinguere il mare attraverso le ombre, ma non riesco a vederlo, è troppo buio.

 

   Saliamo sul battello per una specie di scala; ci divertiamo a guardare le macchine e gli strumenti di ogni genere che si trovano qui e là, poi andiamo nelle cabine. Graziosa cameretta quella dove ci troviamo, rischiarata da una lampada coperta da una boccia di vetro smerigliato, che produce una luce smorta. Siamo le sole signore qui; c'è solo un olandese e una decina di inglesi. Risaliamo sul ponte, perché non c'è aria in queste cabine. Mettendo piede sul ponte sono colpita dall'aspetto di tutto quello che mi circonda; sono circa le due e mezzo del mattino, il giorno comincia a spuntare; nel cielo brillano solo poche stelle perdute nell'immensità dei cieli. I miei occhi non hanno mai incontrato ciò che osservano in questo momento; mai un simile spettacolo si presentato alla mia vista: niente e tutto in questa immensità solenne del mare; il mare che avevo sempre visto con l'immaginazione non era bello come questo; sono rimasta a guardarlo molto a lungo senza dire nemmeno una parola, senza fissare alcun pensiero.

 

   Le coste dell'Inghilterra si offrono ben presto alla nostra vista; sono coperte di un qualcosa di bianco-giallo simile allo zolfo; dev'essere il mare che produce quest'effetto. Sembrano avvicinarsi a noi mentre siamo noi che andiamo verso di loro; di minuto in minuto scorgiamo sempre più visibili forti e caserme sulle alture che si innalzano davanti a noi. Finalmente eccoci arrivati; sono le tre e mezzo del mattino; occupiamo il tempo che ci resta fino alle sei, momento della partenza, a visitare un po' Dover, la prima città inglese che vedo. Le case hanno un bell'aspetto, molto ordinate e costruite in modo regolare; le strade larghe e spaziose. Al momento di salire in vettura, quale non fu la nostra sorpresa vedendo tutti gli scompartimenti illuminati; ben presto veniamo informate: da Dover a Londra dobbiamo passare sotto sei tunnel; [...]

 

   Guardo sempre in lontananza e l'orizzonte che fugge mi fa vedere sempre nuove città e mi dicevo sempre: E' forse Londra, Londra la destinazione del nostro viaggio, l'oggetto dei nostri stupori e delle nostre sorprese? La ferrovia corre da molto tempo in una zona dove si vedono solo abitazioni, da molto tempo ci stupiamo di non vedere più campi o prati; senza sosta case; infine apprendiamo, oh sorpresa! che viaggiamo dentro Londra... Eccoci arrivate alla stazione di Charing-Cross, alle dieci e dieci. Eccoci nella capitale dell'Inghilterra, la città più grande e più popolata d'Europa. Non racconterò l'emozione e lo stupore che provai arrivando a Londra, vedendo quella folla sconosciuta di persone di ogni genere, considerando quegli edifici enormi e immensi in cui ci trovavamo: non ci riuscirei mai, perché non so nemmeno esattamente quello che provai quando mio fratello Arthur, che ci aspettava alla stazione e che ritrovammo con grande piacere, ci condusse in alcune strade vicine per permetterci di dare un'occhiatina intorno a noi: era un'emozione profonda e una specie d'inquietudine vedere uno spettacolo così nuovo e strano per me; un rumore continuo, delle vetture che continuamente s'incrociavano mille volte, fra le quali bisognava passare ogni momento; un'infinità di persone che andavano e venivano molto in fretta, case fatte in modo diverso che in Francia; negozi e commercianti di merci di ogni tipo, a me sconosciute fino a quel momento. Eravamo molto stanche e tuttavia, dopo aver lasciato in un alloggio molto confortevole i nostri bauli, non potemmo resistere al desiderio di vedere qualcosa il giorno stesso del nostro arrivo, e in due ore percorremmo alcune strade e un parco di cui parlerò più avanti; rientrammo molto stanche e andammo a letto presto per ritemprare il più presto possibile la nostra fatica, che non doveva, già all'indomani, impedirci di cominciare le nostre escursioni.

 

7 luglio

 

   Andata al mercato, scrivo a Isabelle. Arthur ci ha portate a vedere il Parlamento. Che capolavoro! E' un immenso edificio, con un'architettura fine e frastagliata; da ogni lato s'innalza una torre quadrata, dorata sulle sculture. - Visto il palazzo del duca di Northumberland; è molto antico, era completamente chiuso. - Visto il teatro reale dell'Alhambra su una piazza magnifica in mezzo alla quale si innalza la statua di Shakespeare; ha come piedistallo un immenso blocco di marmo bianco; attorno alla statua, su quel marmo, si trovano sei pescecani anch'essi in marmo bianco, dalla cui testa escono dei getti d'acqua. Su quella piazza di accalcava una quantità folle di gente. Quel giorno Arthur ci ha portate in una casa dove si parlava un po' di francese. Visitate le rive del Tamigi solcato da una moltitudine di barche piene di gitanti; da quelle rive abbiamo visto molto bene l'ospedale di San Martino, composto da sei grandi e begli edifici uno uguale all'altro e in mattoni. -   Vista la caserma delle guardie della regina; uomini molto belli, vestiti con pantaloni bianchi, stivali alla cavallerizza, una tunica di panno rosso, uno "shako" dorato sormontato da un pennacchio bianco che ricade all'indietro. Questa divisa, molto bella, fa risaltare maggiormente la nobiltà e la dignità di quelli che la indossano. Siamo passati davanti a un edificio immenso e non ancora del tutto finito, costruito in pietra da taglio e con colonne di marmo. Alle nove di sera ci decidiamo a rientrare passando davanti a Charing Cross. Arthur ci invita ad ascoltare un sermone che un prete protestante deve fare nella chiesa di San Giovanni. Cosa andremmo a fare a un sermone in inglese?... Erano quasi le undici quando siamo andati a letto.

 

Mercoledì 8 luglio

 

   Lancio spiritualmente uno sguardo di tristezza su Charleville, di rimpianto su Isabelle, mia sorella. La noia che si prova anche in mezzo ai più grandi piaceri vuole cercare di entrare anche in me.

 

   Ci hanno prestato un libro (La Vera Religione cristiana, di Emmanuel Swedemborg); è un libro protestante. - Impossibile comprare qualunque cosa senza Arthur.

 

   Il caldo è opprimente di pomeriggio. Siamo usciti con mio fratello verso le sei. Dopo aver camminato lungo una strada immensa, ci siamo trovati nella città vecchia; non si vedono più come nella nostra zona delle case con piccoli giardini davanti. Il quartiere è più commerciale; i monumenti imponenti. Ci siamo divertiti a guardare a lungo tutti i grandi e bei negozi. Ero meravigliata esaminando tutte quelle stoffe così ricche, così ben lavorate e così a buon prezzo, perché a Londra si trovano capi di abbigliamento per niente in confronto a quelli che vendono in Francia, soprattutto nelle piccole città.

 

   [...] erano alla preghiera della sera quando entrammo a San Paolo; ci guidarono molto gentilmente dopo averci dato dei libri di preghiera in inglese... nel luogo riservato alle signore; recitavamo dei salmi; un ministro ne faceva la lettura con una voce dolente e triste; presto la lettura cessò, le signore che erano accanto a noi ci offrirono molto graziosamente un nuovo libro che noi accettammo, rifiutare sarebbe stato una scortesia... e senza organo e senza accompagnamento si levò in quel freddo e severo santuario un canto grave e puro; cantavano uomini e donne. Come ho amato quelle voci, quei suoni, che avevano qualcosa di dolce e di triste, di armonioso e di sublime! Mi lasciai andare a una fantasticheria così dolce e così piacevole che dimenticai tutto quello che mi circondava per ascoltare con tutta l'anima quella melodia così soave e incantatrice. Mai un simile effetto si era prodotto in me; mai avevo sentito impressioni così singolari; [...]

 

   Non si sentiva un rumore, non un mormorio; un raccoglimento molto pio aveva seguito i canti; uomini e donne sembravano pregare con reale fervore. Contemplai abbastanza a lungo quell'assemblea composta unicamente di protestanti e mi stupii profondamente della loro eccessiva devozione. Com'è possibile, mi dicevo, che degli uomini che hanno tanto fervore, modestia e attaccamento al loro culto, non appartengano alla vera chiesa; che buoni cattolici sarebbero e che esempio darebbero a tanti altri che sono indegni del bel titolo di cattolici che portano oggi.

 

   L'assemblea si disperse in silenzio verso le nove di sera; riguadagnammo il nostro appartamento occupate in pensieri molto diversi.

 

Giovedì 9

 

   Alzate alle sette e mezza; oggi abbiamo mangiato delle fragole di giardino molto belle e molto buone, poi del ribes; alle 6 di sera, Arthur rientra dal British Museum, biblioteca e museo, e ci porta in nuove strade tutte da ammirare o per i loro begli edifici o negozi, o per i loro affascinanti giardinetti tutti pieni [...]

 

 

Dal 9 al 14 luglio 1874

 

Giovedì 9

 

   Non dormito, il caldo era insopportabile. Eppure abbiamo una camera spaziosa, a due letti, molto confortevole per me e per la mamma. Quella di Arthur è più piccola. [Descrizione delle camere, ecc.]

Questa mattina, mio fratello, al quale abbiamo raccontato il nostro malinteso di ieri al mercato, ci dice che nonostante ciò non può essere sempre con noi come i due primi giorni per sistemare ogni cosa e che deve, come faceva prima del nostro arrivo, dedicarsi alle sue occupazioni. Tenta di insegnarmi qualche parola d'inglese con la pronuncia. Il modo in cui ripeto dopo di lui lo fa ridere, poi spazientire. Tuttavia, forti dei suoi insegnamenti, facciamo, con molta difficoltà, la nostra spesa. Comperiamo delle fragole deliziose, del ribes - mio desiderio da molto tempo. - Il latte non è caro: 3 pence (30 cent. circa) il litro.

   La sera, Arthur rientra dal British Museum. Ci porta per nuove strade, tutte belle e attraenti. Alcune hanno un'aria di freschezza con i loro bei giardini chiusi da ringhiere davanti alle case, e anche le larghe strisce con alberi, fiori ed erba che si trovano ai lati della carreggiata; le altre sono costeggiate di negozi straordinari. Non ci stancheremmo mai di guardarli. [Descrizione di vestiti, di cappelli, di stoffe, ecc.] Ma fa un caldo molto opprimente. Nutrivo nel mio spirito il desiderio di concedermi un gelato o una limonata. Arthur, così gentile, indovinò il mio desiderio e ottenne che fosse esaudito. Un gelato alla crema, che bontà! Abbiamo guardato a lungo un pallone, ecc... Siamo rientrati alle 10 e mezzo nei nostri appartamenti dove il caldo era soffocante.

 

Venerdì 10

 

   Sveglia alle otto e mezzo. Sempre caldo. Impossibile fare alcunché. Mi sento male. Dev'essere la fatica e la calura. Tuttavia non voglio lamentarmi, perché voglio accompagnare la mamma al mercato: penso che in due ci faremo capire meglio. Comperati bei pesci, ecc. La carne o il pesce, e anche la verdura, comperata al mercato, vengono portati dal rosticcere che li fa cuocere per pochi soldi. Naturalmente è Arthur che ci ha detto come bisogna fare. Il mio malessere aumenta, mi invade. Eccomi in preda a pensieri molto tristi. Mi annoio, piango dentro di me... Cara Isabelle, che il cielo ti ispiri, prega per me, per la mamma, per tre espatriati, ecc. Arthur non rientra a pranzo. Mangio con la mamma. Dopo, mi riprendo, sono più forte.

   Verso sera, Arthur mi propone di accompagnarmi fino al parco. Accetto una gioia. Lungo il percorso la mamma ha chiesto di vedere i più bei negozi del quartiere. Mio fratello si è prestato con una bontà e una compiacenza perfette, io li ho seguiti di cattivo umore. A cosa serve riempirsi gli occhi e la memoria di tutte queste meraviglie, di tutti questi tesori, se non si compera niente? Che peccato non poter portare a casa niente! [Lunghi elenchi di vestiti confezionati, di biancheria, di mobili, ecc.] Ho però un po' di speranza per delle belle sottane ricamate, ecc. Il parco è delizioso; è un'oasi, un paradiso. Fatica per trovare una panchina, perché tutte erano occupate. Arthur mi fa bere a una fontana dell'acqua fresca, squisita.

 

Sabato 11 luglio

 

   Non fa molto caldo. È piovuto un po' durante la notte. Sono ancora affaticata. Arthur va da certi Inglesi per prepararsi qualcosa. È stato contento ieri, anche lui, poiché insieme a quella di Isabelle, è arrivata una lettera in cui gli propongono tre posti diversi. Ne sono molto contenta per lui e per noi; poiché più presto troverà da sistemarsi, più in fretta noi torneremo in Francia. E per quanto trovi Londra magnifica, mi annoio, amo solo la mia patria. Isabelle ha fatto bene a restare e l'idea che potrei essere con un miracolo vicino a lei mi opprime e mi soffoca, mi impedisce di respirare.

   Sono uscita con mia madre. Che pazienza, che abnegazione ha mostrato! Che fatica le ho imposto! Ne provo vergogna. Abbiamo avuto bisogno di denaro inglese e, a lungo, abbiamo cercato di spiegarci con un cambiavalute inglese. Ma non c'è stato modo. Che pena, quando non è possibile spiegarsi! Arthur, per fortuna, ritorna e sistema tutto in men che non si dica. Possiamo pranzare a mezzogiorno. Il pomeriggio mi sento meglio del solito, sono allegra. Arthur mi sorride. Mi chiede se voglio accompagnarlo al British Museum. Lì abbiamo visto una quantità di cose notevoli: [Descrizione di animali antidiluviani, di pietrificazioni, ecc.] La biblioteca, dove le signore sono ammesse come gli uomini, conta tre milioni di libri. È lì che Arthur viene così spesso.

 

Domenica 12 luglio

 

   Ecco dunque la prima domenica che passo a Londra. Al contrario degli altri giorni, non si sente il rumore delle vetture. È bel tempo, fa fresco. Non sento l'abbattimento degli altri giorni. Arthur si annoia. Andiamo in una chiesa protestante. È all'incirca come nelle chiese cattoliche. Belle volte, lampadari, banchi, ecc. Mi ci sono così annoiata che mi pareva di star male. Ne usciamo all'una dopo esserci rimasti due o tre ore. Portiamo a casa della carne di manzo e di maiale per il pranzo. Arthur va a prendere delle fragole deliziose. Oh! quanto mi piacciono! Il pomeriggio, calura soffocante. Se usciamo, sarà solo la sera. Scriverò a Isabelle. [Brani della lettera del 12 luglio:] «Arthur ci accompagna dappertutto.  [...] Non puoi immaginare la fatica che si fa per farsi capire. Non conosciamo nessuno che sappia il francese, se non dove va Arthur. Ora non siamo più così in difficoltà. Agli inizi era sempre necessario che ci fosse Arthur per tutto quello che ci serviva. È vero che è così bravo in tutto, che, quando c'è lui, non è necessario preoccuparsi di niente. Sta molto meglio, ma parecchie persone gli hanno consigliato di andare in campagna, in riva al mare, per riprendersi del tutto. [...]»

 

Lunedì 13

 

   [...] La mamma è ammalata.

 

Martedì 14

 

   La mamma mi dice che si sente un po' meglio; ma è spaventosamente sfatta. Anch'io sono sofferente per scoraggiamento, per noia, per tristezza...

 

   [...] Come partire di qui adesso che siamo così lontane dal nostro paese. Provo una specie di disperazione. Se fosse necessario restare qui? Non poter più andare a Charleville... Ma no; spera, mi dice qualcosa dentro di me. La mamma non mi ha forse detto, in effetti, che la settimana prossima, qualunque cosa accada, partiremmo.

 

   Usciamo la sera. Mi sento meglio. Arthur è di buon umore; non andiamo troppo lontano. Seguiamo dei muri dietro i quali i treni non smettono di correre. Binari dappertutto, stazioni. Ritornando ci divertiamo a guardare la ferrovia sotterranea. Che meraviglia! Passa continuamente sotto delle gallerie, sotto dei ponti e con quale rapidità! I treni sono sempre pieni di viaggiatori che sono molto più vivaci di noi agili Francesi. E questa folla è calma, placida, silenziosa. Non un grido, non un gesto inutile... ecc.

 

 

Dal 15 al 31 luglio 1874

 

Mercoledì 15

 

   [...] Fa più fresco. La mamma è triste. Forse meno di ieri pomeriggio, tuttavia. Che sete! bevo golosamente del latte fresco. Hanno un latte buonissimo a Londra.

 

   Arthur esce. Va al British Museum. Non tornerà prima delle sei di sera. Sono contenta; mi sentirò meno oppressa; sarò un po' libera. Ma con cosa occuparmi?

 

   Vado al mercato con la mamma. - Fra poco andremo al parco East.

   È un benessere indescrivibile quello che provo in quel parco. Seduta su una panchina, mi assopisco un po'... Mi sembra di essere a Charleville, nel giardinetto della Stazione. Il cinguettio degli uccelli mi ricorda il canto, il mio amato corso di canto, metà della mia vita, la sola gioia che io assapori al mondo.

 

   Quanta gente, di tutti i tipi, di tutte le nazionalità. Non riconosco quasi nessun Francese. Forse non sono fisionomista; ma certamente, se incontrassi dei Francesi, ne avrei un tale piacere che li riconoscerei d'istinto. Non che detesti gli Inglesi, riconosco loro molte qualità: cortesia, probità, tatto, educazione. Ma che freddezza, che rigidità! Quelle persone non hanno alcuna tenerezza, non devono amare mai niente e nessuno.

   Arthur esce di sera. Usciamo anche noi, per i fatti nostri. Impossibile restare nella nostra camera, si cuoce, malgrado le due finestre aperte. Soffro.

 

Giovedì 16

 

   [...] Niente per Arthur, nessuna novità. Forse è ancora più increscioso per lui che per noi. Probabilmente. Oh, se potesse trovare un posto! Se non trova niente sarà molto infelice. La mamma è così triste, così chiusa... Questa mattina, la mamma sistema il suo bel vestito in seta grigia che si è portata, e anche il suo mantello di merletto. Chantilly, secondo le indicazioni di Arthur, per poterci presentare con lui ben vestite e come referenza di onorabilità. Io scrivo. Arthur legge. Ancora niente dalla Francia. Pazienza, sarà senz'altro per sabato.

 

Venerdì 17

 

   Ho visto la Torre di Londra, quella in cui sono stati per così dire sepolti vivi i principi e le principesse delle famiglie nobili d'Inghilterra. II monumento ha un aspetto cupo, che si addice ai ricordi che evoca. Sordo, triste, sinistro, dà i brividi. Avrei voluto entrare, per vedere se l'interno è come l'esterno e conserva vestigia degli antichi prigionieri. Ma sembra che non si possa entrare e che oggi sia quasi disabitata.

 

   Arthur ci fa vedere i docks. [...] È interessante guardar caricare e scaricare le navi con carichi vari.

 

Sabato 18

 

   [...] Arthur è andato di nuovo a mettere degli annunci e a cercare un altro collocatore. Forse troverà già da oggi un lavoro. O forse sarà per lunedì? Come vorrei già esserci! Che felicità mi porterà lunedì, o che sventura? Abbiate pietà di noi, mio Dio, non ci abbandonate.

   La sera, ricevuto lettera da Isabelle. Per me è la felicità ritrovata.

 

Domenica, ore otto

 

   Non so ancora cosa faremo oggi. Vorrei tanto assistere alla messa; sono due domeniche che non sento un rito cattolico. Se Arthur ci accompagnasse al quartiere francese, ci troveremmo senza dubbio una chiesa.

Eccoci alle dieci e mezzo. In mancanza di meglio, ho riletto una parte della mia grammatica... Dio! come sono tristi le domeniche qui.

   Finalmente si decide di andare al parco. [...]

   A tutti i crocevia, nelle strade, delle prediche: ne ho viste sette oggi. La folla circonda i predicatori e li ascolta con raccoglimento e rispetto. Vengono distribuiti dei testi pii.

   Verso sera, Arthur ha finalmente trovato una chiesa cattolica e francese. Ci accompagna lì. Erano alla benedizione. [...]

 

Martedì 21

 

   Arthur ha ricevuto una lettera ieri sera. Sono contenta e spero.

 

Mercoledì 22

 

   Arthur ha appena portato via la famosa scatola destinata alle suore del Santo Sepolcro di New-Hall. Non potendo portarla, ci decidiamo a farla spedire. Questo non comporterà alcuna difficoltà, penso. Ho appena scritto loro per annunciare l'invio della scatola in questione...

 

Giovedì 23

 

   [...] Ho cucito. Noi e Arthur siamo molto imbarazzati, molto perplessi. Posti ce ne sono! Se avesse voluto, sarebbe sistemato e noi saremmo partite. Se avesse voluto, saremmo partite oggi. Oh! Quando penso che questa gioia avrebbe potuto essere la mia in questo momento... Dopo tutto, avrei forse potuto provare un gran piacere a partire, dopo esser stata testimone del dispiacere e delle suppliche di Arthur? - La mamma ha detto: ancora otto giorni. Ecco. Ero indispettita e contenta a un tempo: contenta per Arthur. Bah! per lui, io mi ci rassegno comunque.

 

Sabato 25

 

   Ecco passata una giornata ben impiegata. Siamo andati al museo di pittura... Ho visto uno dei palazzi della regina. È circondato da alberi. Non mi è parso elegante; mi figuravo diversamente una dimora reale. Le mura, annerite dal tempo, sono senza sculture. Le finestre? sono come tutte le finestre, ma molto piccole. Ci sono ampie scuderie.

 

   Ho visto il monumento innalzato in onore del principe Alberto. È tutto dorato. È meraviglioso.

 

   Siamo andati in due parchi. In uno di essi, dei soldati inglesi si esercitavano alla guerra simulata. Sono riccamente vestiti. Mi sono molto interessata alle loro divise e ai loro movimenti. Ce n'erano a cavallo ed erano magnifici come tenuta e andatura, loro e le loro cavalcature.

Abbiamo mangiato al ristorante e abbiamo preso del tè eccellente con tartine di burro.

 

Lunedì 27

 

   Ho dormito orribilmente. Delusione: niente lettere, niente. Mi stupisco veramente che non arrivi nulla. Andiamo, pazienza! Ecco che mi sto un po' abituando a questo paese. Mi sembra più sopportabile. Charleville mi sembra un luogo di delizie molto lontano. Mi sembra perfino di dimenticarlo un po'. Oh! no, questo non è possibile: sono fedele ai miei affetti e mi vergognerei a dimenticare la mia patria.

Passiamo il pomeriggio al British Museum. Parlerò un po' del museo dove sono andata oggi. Ecco quello che mi ha interessato di più:

   Le spoglie del re d'Abissinia, Théodoros, e di sua moglie: delle tuniche, una delle quali è ornata di una specie di piccoli sonagli d'argento; la sua corona, con vari diamanti; le sue armi; numerosi copricapo; scarpe della regina sua moglie, in argento con pietre preziose; pettini di legno; forchette e cucchiai grossolani, in legni. [Fra parentesi appare questo commento di Isabelle: «Non c'è dubbio che gli oggetti notati e citati da Vitalie siano stati segnalati alla sua attenzione da Arthur. La fisionomia stessa degli appunti manoscritti da Vitalie indica che Arthur si è dilungato con emozione sulle spoglie di Théodoros.»]

 

Martedì 28

 

   Niente lettere. È veramente troppo! Spero per la sera.

 

Mercoledì 29

 

   Questa mattina, verso le nove, mettevo in ordine tutte le mie cose, quando Arthur, cupo e nervoso, ha detto improvvisamente che sarebbe uscito e che non sarebbe rientrato a mezzogiorno. Ma alle dieci ritorna e ci annuncia che partirà domani. Che notizia! Ne sono soffocata. Sono almeno contenta, io che ho tanto desiderato questo momento? In coscienza, sarei molto in difficoltà a rispondere sinceramente, e non mi spiego del tutto questa spina che mi tormenta il cuore nel momento in cui dovrei essere così gioiosa.

Nel pomeriggio andiamo a comperare diversi oggetti per Isabelle e per me, fra l'altro dei begli scialli; poi, diverse cose per Arthur.

   Ceniamo con del tè. Accomodo i pantaloni e il cappotto di Arthur; poi, esce.

   In quel momento, sono le dieci e mezzo. Non so come andranno le cose. Nessuna notizia da nessuno. Isabelle, non sei ragionevole. Sono quasi arrabbiata con te. Non capisco il motivo del tuo silenzio.

 

Giovedì 30

 

   Arthur non è potuto partire oggi, perché la lavandaia non ha portato le sue camicie. Nel pomeriggio andiamo a comperare della biancheria.

 

Venerdì 31

 

   Ore sette e mezzo del mattino. Arthur è partito alle quattro e mezzo. Era triste. Ore due e mezzo. Partiamo fra un'ora. Che effetto mi fa! II mio nervosismo è aumentato, adesso è diventato angoscia. È mai possibile che io rimpianga Londra a questo punto, che mi sia attaccata a lei senza saperlo, immaginandomi di starci male? [...] Penso ad Arthur, alla sua tristezza; alla Mamma, che piange, che scrive. [...]

   Partiamo. Non vedrò mai più la nostra camera, né il paesaggio familiare, né Londra... [Commento di Isabelle messo fra parentesi: «Ritorno a Charleville attraverso Folkestone, Ostenda, Bruges, Alost, Bruxelles, Namur, Dinant, Givet, certamente secondo un itinerario tracciato da Arthur che ha avuto cura, come si vede, di far prendere alle viaggiatrici una strada diversa da quella dell'andata; senza alcun dubbio allo scopo di far loro vedere dei paesi nuovi e di variare così i loro interessi.»]

 

 

Novembre 1874 - aprile 1875

 

Martedì 1 ° dicembre

 

   Questo mese comincia con degli avvenimenti seri. Il mattino, ricevuto una lettera da Arthur. La sera, ho scritto una lettera molto lunga.

 

Domenica 27

 

   Sono stata con la mamma a Mézières; passando, abbiamo spedito una lettera, alla stazione, per Arthur.

 

Martedì 29

 

   Arthur è ritornato alle nove del mattino. Fa molto freddo; neve e ghiaccio dappertutto. Alle due, arrivo di un fattore; resta da noi fino alle sei. Dopo cena, verso le nove di sera, nuova sorpresa: ci appare Frédéric. Sono davvero felice e soddisfatta. È molto cresciuto ma è diventato molto più esile dell'anno scorso, ma il suo cambiamento gli sta a meraviglia. Sistemiamo gli appartamenti per passare la notte. Quante cose ci ha detto! Siamo andati a letto a mezzanotte ma non mi sono addormentata prima dell'una del mattino. Avevo la mente piena dei vari avvenimenti che erano accaduti durante la giornata. Mia madre è soddisfatta e anch'io. Trovo che tutto va bene per il momento.

 

Domenica 10 [gennaio]

 

   Andiamo alla messa delle nove. Frédéric parte alle quattro del mattino. Sono triste. Vorrei che ci fosse Isabelle. La serata passa in chiacchiere amichevoli. Andiamo a letto tardi. Alle quattro Frédéric viene a salutarci. Com'è passato in fretta il tempo da quando è tornato; già quindici giorni. È stato così gentile. Penso all'anno prossimo. La mamma è andata ad accompagnarlo.

 

Sabato 13 [febbraio]

 

   Comincio già a sentire gli effetti a distanza dell'avvicinarsi della primavera, cioè questa specie di tristezza che è necessario scrollarsi di dosso se non si vuole provare una specie di noia assolutamente spiacevole.

 

6 marzo, sabato.

 

   [...] Sono uscita oggi; è la prima volta dopo quindici giorni. Siamo andate ad affittare un appartamento; sono soddisfatta.

 

Domenica 21 [marzo]

 

   Isabelle la mia piccola Isa è ritornata ieri; povera cara non è tanto allegra; ma io sono molto contenta; forse si tratta di egoismo ma voglio essere soddisfatta almeno per un giorno.

 

Domenica 18 aprile

 

   [...] Cinque giorni fa, Arthur mi ha fatto una gradevolissima sorpresa; ha avuto la squisita gentilezza di mandarmi un giornale illustrato che è grosso come un volume di media grossezza, ma... è tedesco! Per fortuna Isabelle troverà da farselo leggere al Santo Sepolcro e potrà metterci al corrente di quello che quel giornale contiene.

Poesie



Manoscritto della poesia Mai (Maggio), dal contenuto innocente e religioso, che celebra il sole, i fiori, la primavera e la vita.

La Fleur

 

Fleur charmante et solitaire
Qui fus l’orgueil du vallon,
Tes débris jonchent la terre
Dispersés par l’aquilon.

 

La même faux nous moissonne;
Nous rêvons au même dieu;
Une feuille t’abandonne,
Un plaisir nous dit adieu.

Hier, la bergère encore,
Te voyant sur son chemin,
Disait: «Fille de l’aurore,

Tu m’embelliras demain».

 

Mais sur ta tige légère
Tu t’abaissas lentement
Et l’ami de la bergère
Vint te chercher vainement.

Il s’en retourne et soupire:
Console-toi, beau pasteur!
Ton amante encor respire,
Tu n’as perdu que la fleur.

«Hélas! et ma jeune amie
Ainsi que l’ombre a passé;
Et le bonheur de ma vie
N’est plus qu’un rêve effacé.»

«Elle était aimable et belle,
Son pur éclat s’est flétri;
Et trois fois l’herbe nouvelle
Sur sa tombe a refleuri.»

À ces mots sous la ramée,
Je suis la route et j’entends
La voix de ma bien-aimée
Me redire: «Je t’attends».

Il Fiore

 

Fiore affascinante e solitario
Che fu l’orgoglio della valle,
I tuoi resti ricoprono la terra
Dispersi dalla tramontana.

La stessa falce ci miete;
Noi sogniamo lo stesso dio;
Una foglia ti abbandona,
Un piacere ci dice addio.

Ieri, la pastorella vedendoti
Ancora sul suo cammino,
Ha detto:
«Figlio dell’aurora,
Domani mi abbellirai
».


Ma sul tuo esile gambo
Ti chinasti lentamente
E l’amico della pastorella
Venne a cercarti vanamente.

Egli se ne va e sospira:
Consolati, bel pastore!
L’amante tua ancor respira,
Non hai perso che il fiore.

«Ahimè! e il mio giovane amico
Come l’ombra è passato;
E la felicità della mia vita
È solo un sogno cancellato.
»

 

«Era gioviale e bello,
Il suo bagliore è avvizzito;
E tre volte nuova erba
Sulla sua tomba è sbocciata.
»


A queste parole sotto il fogliame,
Io sono la strada e sento
La voce del mio adorato
Dirmi ancora:
«Io ti aspetto».


Arthur Rimbaud in un disegno di  Paul Verlaine (1872)
Arthur Rimbaud in un disegno di Paul Verlaine (1872)


Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.
Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.


Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
R. alla prima comunione (1866)
R. alla prima comunione (1866)
Rimbaud in Africa (1883)
Rimbaud in Africa (1883)