Album Zutique

Album Zutique

 


Frontespizio dell'Album Zutique
Frontespizio dell'Album Zutique

GIGLI

 

O fandonie! o gigli! clisopompe d'argento! / Sdegnosi dei lavori, sdegnosi della fami! / L'amore vi riempie di un amore detergente! Una dolcezza di cielo imburra i vostri stami!

 

ARMANDE SILVESTRE                                                                                            

A. R.

                                                                                     

 

LE LABBRA CHIUSE

 VISTO A ROMA

                     

C'è a Roma, nella Sistina, / Coperta di emblemi cristiani,   / Una cassetta scarlattina / Dove seccano antichissimi nasi:                                

 

Nasi d'asceti di Tebaide, / Nasi di canonici del Santo Graal / Dove si rapprese la notte livida,     /E il vecchio canto sepolcrale.                       

 

Nella loro mistica secchezza, /   Ogni mattina introducono / L'immondizia scismatica / Che si riduce in polvere fine.


 LÉON DIERX

A. R.

 

*

 

Occupavo un vagone di terza; un vecchio prete                      

Uscì una pipaccia e mise alla finestra                      

Verso le brezze, la sua fronte calma dalla pallida peluria.                      

Poi quel cristiano, sfidando gli insulsi scherni,                      

Voltatosi, mi fece la domanda energica                      

E triste allo stesso tempo d'una piccola cicca                      

Di tabacco, - essendo stato capo cappellano                      

Di un rampollo reale nuovamente condannato; -                      

Per rimestare la noia d'un tunnel, oscura vena                      

Che si offre ai viaggiatori, presso Soissons, città dell'Aisne.

 

*                    

 

Preferisco senza dubbio, in primavera, la trattoria                      

Dove germoglia il ramoscello dei castani nani,                      

Verso i prati stretti e comunali, nel mese di maggio.                      

Cagnolini più volte scacciati                      

Vengono dai Bevitori a triturare i giacinti

delle aiuole. Ed è, fino alle sere di giacinto                      

Sul tavolo d'ardesia dove, l'anno settecentoventi                      

Un diacono incise il suo soprannome latino                      

Magro come una prosa sui vetri di chiesa                      

La tosse dei neri flaconi che non li inebria mai.                                                                                

 

FRANÇOIS COPPÉE

A. R.

 

*

 

L'Umanità calzava il vasto fanciullo Progresso.

 

LOUIS-XAVIER DE RICARD

A. RIMBAUD                                                                                             

 

 

STATO DI SEDIA

 

Il povero postiglione, sotto il tetto di latta,

Scaldando sotto il guantoi un enorme gelone,

Segue il peso dell'omnibus sulla riva sinistra,

E discosta la borsa dall'inguine in fiamme.

E mentre, ombra dolce dove sono i gendarmi,

All'interno gli onesti mirano al cielo fondo

Dondolare la luna entro verdi bambage,

Nonostante l'editto e l'ora ancora ambigua

Mentre l'omnibus ritorna all'Odéon, impuro

va uggiolando il traviato là nell'incrocio oscuro!


FRANCOIS COPPÉE                                                                             

A. RIMBAUD



L'ANGIOLINO MALEDETTO

 

Tetti bluastri e porte bianche

Come nelle domeniche notturne,


All'estremo della città senza rumore

La Strada è bianca, ed è la notte.


La Strada ha strane case

Con persiane d'Angeli.


Ma, verso un paracarro,

ecco Accorre, malvagio e intirizzito,


Un nero angioletto, titubante

Per le troppe giuggiole mangiate.


Fa la cacca: poi scompare:

Ma la sua cacca maledetta pare,


Sotto la santa luna che vaga,

Di sporco sangue una lieve cloaca!                                                  

 

LOUIS RATISBONNE                                                                  

A. RIMBAUD

 

 

Le sere d'estate, sotto l'occhio ardente delle vetrine,    

Quando la linfa freme sotto le oscure grate    

Irradiando ai piedi gracili castani,    

Fuori da questi gruppi neri, allegri e caserecci,    

Fumatori di pipe o baciatori di sigari,    

Nel chiosco semi-pietra stretto dove mi perdo,    

-  Mentre in alto rosseggia un annuncio d'Ibléd , -    

Penso che l'inverno ghiaccerà il Tibet    

D'acqua pulita che gorgoglia, placando l'onda umana,    

- E che l'aspro vento non risparmia alcuna vela.

                                                    

FRANCOIS COPPÉE                                                                             

A. RIMBAUD

 

 

Ai libri prediletti, libri d’arte serena,

Obermann e Genlis, Ver-vert e le Lutrin,

Stanco di novità grigiastre e strampalate,

Io spero, quando vecchiaia sarà infine venuta,

Aggiungere il trattato del dottor Venetti.

Saprò, ridiventato pubblico abbrutito,

Gustare l’antico fascino dei disegni opportuni.

L’incisore e lo scrittore indorarono

Le miserie sessuali: ed è, non vi sembra? cordiale:

Dott. Venetti, Trattato dell’Amore coniugale.

 

F. COPPÉE

A.R.

 

 

LA SCOPA

 

È un'umile scopa di saggina, troppo dura

Per una stanza o per la tinta di un muro.

L'uso è miserevole e non bisogna riderne.

Radice strappata a qualche prato antico

Secca il suo crine inerte: e il suo manico è sbiancato.

Come un legno d'isola alla canicola arrossato.

La cordicella sembra una treccia ghiacciata.

Amo di questo oggetto il sapore desolato;

E vorrei lavare i tuoi ampi bordi di latte,

O Luna dove lo spirito delle nostre

Sorelle morte si diletta.                                                                                                

F. C.

 

 

LE RIMEMRANZE DEL VECCHIO IDIOTA

 

Perdono, padre mio!                                    

                             Da giovane, alle fiere di campagna,

Cercavo, non il tiro banale dove si guadagna a ogni colpo,

Ma il luogo pieno d'urla dove gli asini, sfiancati,

Dispiegavano quel lungo tubo sanguinante

Che ancora non comprendo!...                                                      

E poi mia madre,

Con la camicia dall'amaro sentore

Benché sgualcita in basso e gialla come un frutto,

Mia madre che saliva sul letto facendo rumore

- Comunque figlio del lavoro, - mia madre,

con la coscia di donna matura, e i grossi fianchi

dove la biancheria si raggrinza,

mi diede quei calori di cui non si dice!...

 

Era una vergogna più cruda e più calma quando

La mia sorellina, di ritorno da scuola,

Dopo aver consumato gli zoccoli sul ghiaccio,

Pisciava, e guardava sfuggire da quel labbro in basso

Stretto e rosa, un filo d'orina lezioso!...

 

Oh perdono!                      

A volte pensavo a mio padre:

La sera, il gioco a carte e le frasi salaci,

Il vicino, e io, messo da parte, cose viste…

- Perché un padre è inquietante! - e le cose immaginate!...

Il suo ginocchio, affettuoso a volte; i suoi pantaloni

Di cui il mio dito desiderava aprire la fessura… - oh! no! -

Per avere la punta, grossa, nera e dura, di mio padre,

La cui mano villosa mi cullava!...                                                  

Voglio tacere

Il vaso, il piatto col manico, intravisto in solaio,

Gli almanacchi coperti di rosso, la cesta di filacce,

E la Bibbia, e i luoghi, e la serva,

La Santa Vergine e il crocifisso…                                                  

Oh! nessuno

Fu così spesso turbato, come sorpreso!

E adesso, che il perdono mi sia concesso:

Poiché i fetidi sensi mi hanno reso vittima,

Io mi confesso rivelando i miei giovani delitti!...

.   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .

E poi! - mi sia permesso parlare al Signore!

Perché la pubertà tardiva e la sfortuna

Del tenace glande e troppo consultato? Perché l'ombra

Così lenta al basso ventre? e questi terrori senza fine

Che sempre riempiono la gioia come nera ghiaia?

- Quanto a me, sono sempre stato stupefatto. Che sapere?

.   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .

Perdonato?                  

Riprenditi il reggipiedi blu, Padre mio.                  

Oh che infanzia!   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .

.   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   - e tiriamoci la coda!

 

FRANCOIS COPPÉE 

A. R.

 


Arthur Rimbaud in un disegno di  Paul Verlaine (1872)
Arthur Rimbaud in un disegno di Paul Verlaine (1872)


Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.
Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.


Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
R. alla prima comunione (1866)
R. alla prima comunione (1866)
Rimbaud in Africa (1883)
Rimbaud in Africa (1883)