Parole attribuite a Rimbaud

DA ERNEST DELAHAYE

 

 

IL RIVOLUZIONARIO

 

1. Gli confidai: «Paul Labarrière — il mio compagno di banco condanna il Due Dicembre... [2 dicembre 1852: giorno in cui viene proclamato il Secondo Impero; Napoleone III diventa imperatore.] Tu che ne pensi?» Rimbaud (lui tredici anni, io quattordici) rispose secco: Napoleone III merita la galera.

 

2. Robespierre, Saint-Just, Couthon, i giovani vi attendono! [Da un compito di storia, al penultimo anno del liceo.]


3. Vi sono distruzioni necessarie... Altri vecchi alberi da tagliare, altre secolari ombre di cui perdiamo l'amabile abitudine. Questa società stessa: sarà passata per le asce, i picconi, i rulli livellatori. «Ogni valle sarà colmata, ogni collina spianata, i sentieri torbosi diventeranno diritti e quelli accidentati saranno resi piani». [È una parafrasi delle parole del profeta Isaia, 40.4] I patrimoni, l'orgoglio individuale verranno distrutti. Nessun uomo potrà più dire: «lo sono più potente, più ricco». L'invidia amara e l'ammirazione stupida saranno sostituite dalla concordia serena, dall'uguaglianza, dal lavoro compiuto da [tutti] in favore di tutti.

Guarda. Dove potresti acquistare un oggetto lussuoso o artistico die abbia una struttura più sapiente di questo fiore di campo? Quando tutte le nostre istituzioni sociali saranno scomparse, la natura ci offrirà sempre, in varietà infinita, milioni di gioielli. E quale grandezza, quale bellezza intravedi nella grossolana cupidigia, nella vanità idiota? Soffrirai molto vedendo svanire questi cari momenti dell'attività moderna? (Charleville, 1870).


4. Vede una tonaca, e dice a voce alta, con tono mordace: Un prete! Talora la tonaca si volta, lo chiama, minaccia: lui raccoglie le ingiurie con sardonica gioia (1871).


5. Quale eroismo nello sfidare le potenze sovrumane... Rimbaud probabilmente aspirava a ciò, quando, durante le nostre passeggiate nei giardini pubblici di Charleville (1871), scriveva col gesso sulle panchine: M... a Dio!


6. Durante l'ultimo incontro fra Rimbaud e Delahaye, a Roche, nel 1879, a Delahaye che mostrava di ammirare il variopinto aspetto dei campi coltivati, Rimbaud replica: Sarebbe meglio se ci fosse meno varietà e più potere. I proprìetari sono troppi. L'uso delle macchine è molto limitato, se non addirittura reso impossibile dalla scarsa ampiezza e dalla dispersione delle parcelle. La valorizzazione grazie all'ammendamento, alla rotazione ecc., non è alla portata del coltivatore isolato; i suoi mezzi non gli permettono di fare le cose in grande; fatica di più per un rendimento minore. La «bella conquista del 1789», il frazionamento della proprietà, è un male... [Nel 1879 i contadini francesi prendono d'assalto i castelli per distruggere gli archivi in cui sono conservati i titoli e i registri dei diritti signorili sulle terre, dando inizio così all'abolizione del sistema feudale.]
Ora il clima d'Europa è troppo freddo per me... il mio temperamento è cambiato... posso vivere soltanto nei paesi caldi... — E la letteratura?... — Non ci penso più.

 


A PROPOSITO DEI TEDESCHI

 

7.   Il 30 dicembre 1870, mentre i tedeschi bombardano Mézières: Ma cos'ha il tuo paese? È impazzito? Sta male?


8. Quella gente è cosi inferiore a noi!
dice Rimbaud nella primavera del 1871, di fronte ai tedeschi impegnati nelle manovre su una piazza di Charleville. Sì, il popolo tedesco pagherà cara la sua vittoria. Imbecilli! Dietro le loro stridule trombe e i loro tamburi sgonfi, se ne ritornano al loro paese a mangiare salsicce, e credono che sia tutto finito. Ma aspetta un po'! Eccoli ora militarizzati a oltranza, e lo saranno a lungo, e sotto altri capi tronfi, che non li molleranno di certo. Ingoieranno tutte le nefandezze della gloria. Obbligati a difendersi davanti all'Europa invidiosa e inquieta, che prepara per loro brutti tiri, verranno fustigati per più di cinquant'anni... Vedo già l'amministrazione di ferro e di follia che attanaglierà la società tedesca, il pensiero tedesco... E tutto ciò per essere infine schiacciati da una coalizione!... Se almeno si fossero accontentati della ridicola soddisfazione di essere stati i più forti! E invece no, ci prendono due province: vogliono estendere la tinta uniforme che segna il loro paese sulle carte... per essere sicuri che un giorno ci si avventerà di nuovo contro di loro! Bismark è più idiota di Napoleone I!...
Napoleone non ha capito nulla della missione che le circostanze gli affidavano. Nato dalla Rivoluzione, lui stesso l'ha fatta stupidamente abortire. Invece di organizzare il comunismo, — cosa del resto facile, poiché la proprietà non esisteva quasi più dì fatto, e per nulla dal punto di vista morale o legale
ha ricostruito una società più unica di quella antica. Gli veniva offerto un ruolo colossale: egli non ha voluto, non ha visto non ha pensato che a restare, a trascinarsi quanto più a lungo potesse, con mezzi antiquati, puerili: la conquista, la gloria, alla testa di alcune centinaia di individui che lo hanno cacciato via come un cane rognoso, quando non era più buono a niente. In Francia, lui ha sciupato tutto: il senso artistico, il gusto letterario, l'amministrazione, l'istruzione pubblica, perfino il cattolicesimo. La centralizzazione, che può essere una cosa buona, lui l'ha resa sterilizzante, nefasta. In Europa, con tutti i suoi massacri, non ha impedito, stabilito o fatto nulla; in compenso, ha conferito ai nemici del suo paese una forza che non hanno mai avuto, senza contare il salasso di tre milioni d'uomini con cui ha impoverito la razza francese.
Ma non importa. I tedeschi sono inferiori a noi perché più un popolo è vanitoso, più è vicino alla decadenza. La storia stessa lo prova. Quando una nazione vuoi conquistare, uscire dai suoi confini per dominare altre nazioni, va verso il suicidio. I tedeschi sono inferiori a noi a causa della vittoria che li abbrutisce. Il nostro sciovinismo ha ricevuto un colpo dal quale non si riavrà più. Tanto meglio! La disfatta ci libera dai pregiudizi stupidi, la disfatta ci trasforma e ci salva...


9. Nel 1872, a Charleville, in un caffè, al limite della passeggiata pubblica chiamata Le petit bois, Rimbaud e Delahaye bevono un boccale di birra. Una mezza dozzina di ufficiali tedeschi siedono a un tavolo vicino: uno di loro racconta le sue prodezze, gli altri lo ascoltano con sguardi rapiti. «Anche Rimbaud lo ascoltava, osservandolo con i suoi occhi azzurri in cui si accendeva una scintilla feroce e beffarda, e ben presto cominciò a torcersi dalle risate, battendosi le cosce in una convulsione di folle ilarità, con gli occhi sempre fissi sull'ufficiale tedesco. L'altro continuava a raccontare senza vederlo, ma i suoi compagni cominciavano a guardare con aria torva Rimbaud che rideva della grossa... Un amico, che entrò in quel momento e andò a stringergli la mano, distolse la sua attenzione dall'ufficiale spaccone e impedì che l'incidente si mettesse male... L'amor proprio nazionale non aveva niente a che fare con questa provocatoria ironia nei confronti della vanagloria prussiana. Rimbaud avrebbe fatto la stessa cosa, e faceva la stessa cosa, con dei compatrioti, di fronte a qualsiasi sfoggio di boria».

 


IL SUO CARATTERE


10. Un'idiozia inutile. Rimbaud qualifica così, rifiutandosi di firmarla, una petizione di liceali di Charleville per la soppressione dei premi (luglio 1870); il denaro così risparmiato doveva essere devoluto al governo per le necessità della guerra appena scoppiata. Indignazione dei compagni, i quali, per svergognarlo, gli dicono:
Te li pagheremo, i tuoi premi! Lo spero bene! risponde Rimbaud.


11. La mia superiorità sta nel fatto che io non ho cuore.


12. Rimbaud e Delahaye si rifugiavano a volte, nella primavera del 1871, in una cava di arenaria abbandonata, per filosofeggiare tranquillamente fumando la pipa... Si riparavano dalla pioggia in una cavità del terreno formata dall'esplosione di una mina, che avevano battezzato «la grotta». Lontano dallo sguardo materno, e dai rimproveri in cui incorreva rifiutandosi di rientrare in collegio, Rimbaud diceva a Delahaye: Starò benissimo qui. Portami ogni giorno un pezzo di pane. Non ho bisogno d'altro. Cosi sarò libero!...


13. Mi hanno dato quattro soldi!... Ci compreremo del tabacco. Rimbaud annuncia gioiosamente la novità a Delahaye: all'angolo delle Arcades, dei giovani commessi di negozio lo hanno fermato, e uno di loro gli ha detto, tirando fuori i quattro soldi dalla tasca: — Tieni, piccino, vai a farti tagliare i capelli! — Tutta la banda scoppia a ridere. Senza offendersi minimamente, Rimbaud intasca il denaro, e corre a raccontare di quella fortuna inaspettata a Delahaye. I suoi capelli lunghi suscitavano spesso il sarcasmo dei passanti.


14. Per un soldo di tabacco da pipa!... E la vecchia tabaccaia è obbligata a soddisfare l'ingiunzione di Rimbaud, che se ne va, dinoccolato, caricando la sua pipa. Ma appena è uscito, lei esclama, davanti alla rispettabile clientela del negozio: — Che disgrazia! Ah, se fosse mio figlio...

 

15. Le sue guance paffute erano sparite. Ora sui lineamenti contratti e sul volto ossuto c'era un orribile rossore intorno agli occhi azzurri come il cielo. [...] Pensava di essere davvero alla moda con i capelli lunghi, il cappotto di un colore tenue di due taglie più grande del necessario, che versava in uno stato deplorevole, tutto spiegazzato e sgualcito per essere stato indossato per 2-3 giorni. La piccola bombetta che era solito portare così accuratamente spazzolata era stata sostituita da un oggetto di soffice feltro che non ha nome in alcuna lingua (novembre 1871).


16. Delahaye assicura che Rimbaud abbia amato una ragazza di Charleville, che lo avrebbe accompagnato nella sua fuga a Parigi, nel febbraio del 1871. «Era lei che aveva quegli occhi violetti cantati in Vocali». Se in seguito si alludeva a quel primo amore, Rimbaud si faceva subito cupo e spazientito, e diceva seccamente: Non mi piace che me ne parlino!


17. L'uomo che si impone è un impaziente che sente la propria insufficienza. Non capisce e non vuole che gli altri se ne accorgano. È impotente e vuole avere ciò che non gli è dovuto. Odio l'autoritario, perché è una persona malvagia.


18. Parigi non è che una graziosa cittadina di provincia... Di ritorno da Londra (1873).

 

 

LA LETTERATURA E L'ARTE

 

18. Quanto lavoro! Tutto da demolire, tutto da cancellare nella mia testa! Ah! È fortunato, il bimbo abbandonato, sul ciglio della strada, allevato a caso, che arriva all'età adulta senza alcuna idea inculcatagli da un maestro o dalla famiglia; nuovo, pulito, senza principi, senza nozioni, — poiché tutto ciò che ci viene insegnato è una farsa - e libero, libero da tutto!

 

19. Riesco soltanto a intravedere lo scopo e i mezzi. Sensazioni nuove, sentimenti più forti da comunicare mediante la parola. Percepisco, tento, non riesco a formulare come vorrei... Percepiamo, troviamo ancora... Quando si è acquisito l'uso di un linguaggio più ricco, la gioventù se n'è andata, la sensibilità vibrante si assopisce... Risvegliarla!... Degli eccitanti!... I profumi, i veleni che aspirava la Sibilla!... (Charleville, 1870).

 

20. A proposito del sonetto Vocali (1871): Ho creduto di vedere, talvolta ho creduto di sentire in questo modo, e lo dico, lo racconto, perché lo trovo altrettanto interessante di altre cose...

 

21. Alla vigilia della partenza per Parigi (settembre 1871), Rimbaud e Delahaye sono seduti al limite di un bosco vicino a Charleville.
Ecco quello che presenterò loro al mio arrivo — confida Rimbaud all'amico; e gli recita Il battello ebbro. Dopo la lettura e dopo l'emozione che gli ha causato, diventa triste:
No, non è ancora stato scritto niente di simile, lo so perfettamente... Ma questo mondo di letterati, di artisti... I salotti, l'eleganza... Non so come comportarmi, io sono goffo, timido... Non so parlare... Per quanto riguarda l'intelligenza io non temo nessuno... ma cosa vado a fare laggiù?

 

22. Lune bianche, lune nere!... Ecco ciò che ha visto sotto l'effetto dell'hashish (novembre 1871).

 

23. A proposito di Verlaine: È molto gentile, ma... se è ubriaco, inutile discutere, perché tira fuori il coltello, e non resta altro da fare che girare al largo.

 

24. Questi quadri famosi sono dei rottami. Paragonata atta letteratura, la pittura ha un 'inferiorità che io trovo decisiva; non è duratura. Dopo una visita al Louvre (1872).

 

 

DA JEAN-LOUIS FORAIN

 

1. Noi strapperemo la pittura alla sua vecchia abitudine di ricopiare e le conferiremo sovranità. Il mondo materiale non sarà nient'altro che un mezzo per evocare impressioni estetiche. I pittori non replicheranno più oggetti. Le emozioni saranno create con linee, colori e schemi presi dal mondo fisico, semplificato e sottomesso.

 

 

DA PATERNE BERRICHON


1. A sua madre che lo interpellava a Roche, nel 1873, circa il senso di Una Stagione all'Inferno: Ho voluto dire ciò che dice, letteralmente e in tutti i sensi.

 

2. Negli ultimi anni della sua vita, Rimbaud condannò la produzione della sua prima giovinezza. Non tollerava nemmeno che vi si facesse allusione, e quando, di sorpresa, una domanda su questo argomento arrivava alle sue orecchie, rispondeva invariabilmente: Assurdo! Ridicolo! Disgustoso!

 

 

DA LOUIS PIERQUIN

 

1. Rimbaud amava molto Bretagne. Con lui, si divertiva n prendere in giro i borghesi. Una sera, al caffè Duterme, di fronte a un impiegato delle dogane, funzionario ordinario e tranquillo, fece una violenta battuta contro gli importuni, quelli che nella vita sbarravano la strada ai più capaci: Bisogna sbarazzarsi a ogni costo di questa genia. Se fosse necessario, io non esiterei a ricorrere all'assassinio, e proverei un piacere divino nel contemplare l'agonia della mia vittima. Per un quarto d'ora non smise di snocciolare invettive spaventose, inglobando metà dell'umanità nelle sue liste di proscrizione... (Charleville, 1873).

 

2. Una sera, mi aspettava al caffè Dutherme, seduto da solo al tavolino davanti a un boccale di birra, peraltro intatto. Poteva restare così per ore intere, silenzioso, assorto. Lo avvicinai dicendogli: — E i nostri ripugnanti contemporanei? — Forse pensò che alludessi a Verlaine e al processo di Bruxelles: levò su di me i suoi occhi velati di tristezza e mi rispose alzando le spalle. Qualche tempo dopo, Millot, meno timoroso di me, gliene fece parola: Non smuovere quell'immondezzaio, — disse Rimbaud. — È troppo ignobile! Millot considerò chiuso il discorso. (Charleville, 1873).

 

3. Un giorno d'estate del 1879, Ernest Millot mi invitò ad andare, la sera, in un piccolo caffè di place Ducale... - Rimbaud, - mi disse Millot, - ha appena comprato un vestito, pregando il sarto di mandare la fattura a sua madre: lui sta per partire... - Rimbaud arrivò verso le otto. Era piuttosto taciturno, ma quando Millot si complimentò con me per aver acquistato un certo numero di libri editi da Lemerre, uscì bruscamente dal suo mutismo e mi apostrofò: Comprare dei libri, soprattutto di quel tipo, è del tutto idiota! Tu porti sulle spalle una testa che dovrebbe sostituire tutti i libri, che, sistemati negli scaffali, dovrebbero servire soltanto a nascondere la fatiscenza dei vecchi muri!

 

 

DA ALFRED BARDEY

 

1. Di solito era silenzioso e triste, come vi ho detto, tuttavia, quando gli affari non andavano bene, ed eravamo costretti al riposo forzato, gli capitò di chiacchierare (loquacemente) per lunghe ore. Ma tali momenti di effusione furono rari, e di letteratura non si parlava. Un giorno, però, accennò vagamente al Quartiere Latino, in cui raccontava senza la minima vanità di aver conosciuto scrittori, pittori e altri artisti, ma, stranamente, come notò lui stesso, nessun musicista... Poi tagliò corto concludendo che aveva conosciuto bene quei tipi!
Un'altra volta evocò velatamente un soggiorno a Londra, che aveva lasciato nel suo animo soltanto il ricordo di un periodo di ubriachezza... (Harar, 1885).



Arthur Rimbaud in un disegno di  Paul Verlaine (1872)
Arthur Rimbaud in un disegno di Paul Verlaine (1872)


Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.
Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.


Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
R. alla prima comunione (1866)
R. alla prima comunione (1866)
Rimbaud in Africa (1883)
Rimbaud in Africa (1883)