Le prime comunioni

Les premières communions


                                               I

 

Sono davvero stupide queste chiese di campagna

Dove quattro brutti marmocchi insozzano le colonne

Ascoltando, mentre storpia i sacri cicalecci,

Un tipo nero e grottesco dalle scarpe che fermentano:

Ma il sole risveglia, attraverso il fogliame

I vecchi colori delle vetrate irregolari.

 

La pietra sa sempre di terra materna.

Vedrete cumuli di quei ciottoli terrosi,

Nella campagna eccitata che freme solenne

Accanto alle pesanti messi, lungo sentieri d'ocra,

Questi arboscelli riarsi dove s'inazzurra la prugnola,

Grovigli di neri gelsi e roseti stercosi.

 

Ogni cento anni questi fienili sono resi presentabili

Con una mano d'acqua azzurra e di latte cagliato:

Se sono evidenti grotteschi misticismi

Presso la Santa Vergine o il Patrono impagliato,

Le mosche che profumano di locanda e di stalla

S'ingozzano di cera sul pavimento assolato.

 

Il bambino appartiene soprattutto alla casa, alla famiglia

D'ingenue cure, di buoni lavori abbrutenti;

Escono, dimenticando che la loro pelle formicola

Dove il Prete di Cristo applicò le sue dita possenti.

Si paga al Prete un tetto all'ombra di un pergolato

Perché lasci al sole quelle fronti che si abbronzano.

 

Il primo abito nero, il più bel giorno delle torte,

Sotto il Napoleone o il Tamburino,

Qualche miniatura dove i Giuseppi e le Marte

Tiran fuori la lingua con eccessivo amore

A cui si aggiungeranno, nel giorno della scienza, due carte,

Questi unici dolci ricordi che gli restano del gran Giorno.

 

Le ragazze vanno sempre in chiesa, contente

Di sentirsi chiamare sgualdrine dai ragazzi

Che si mettono in mostra dopo la messa o i vespri.

Loro che sono destinati all'eleganza delle guarnigioni

Sfottono nei caffè i casati importanti,

Vestiti a nuovo, si sgolano in orrende canzoni.

 

Intanto il Curato sceglie per i fanciulli dei santini;

Nel suo orto, dopo i vespri, quando l'aria

Si riempie del lontano suono nasale delle danze,

E sente, a dispetto dei celesti divieti,

Le dita dei piedi rapite e il polpaccio che tiene il ritmo;

- Viene la Notte, nero pirata che sbarca nei cieli d'oro.

 

                                           II

 

Il Prete ha individuato fra i catechisti

Venuti dai Sobborghi e dai Quartieri Ricchi,

Questa ragazzina sconosciuta, dagli occhi tristi,

La fronte gialla. I genitori sembrano dolci portinai.

"Nel gran Giorno, il più importante per i Catechisti,

Dio farà nevicare su questa fronte l'acquasanta."

 

 

                                           III

 

La vigilia del grande Giorno, la bambina si ammala.

Ancor più che nella maestosa Chiesa dai funebri rumori,

Giunge subito il brivido, - il letto non è insipido, -

Un brivido sovrumano che ritorna: "Io muoio…"

 

E come un furto d'amore ai danni di stupide sorelle,

Lei conta, prostrata e con le mani sul cuore,

Gli Angeli, i Gesù e le sue nitide Vergini

E, tranquillamente, la sua anima ha bevuto tutto il suo vincitore.

 

Adonai!... - Nei suffissi latini,

Cieli screziati di verde bagnano le Fronti vermiglie

E macchiati dal sangue puro dei petti celesti,

Grandi panni di neve cadono sopra i soli!

 

- Per le sue verginità presenti e future

Lei morde nella freschezza della tua Remissione,

Ma più dei gigli d'acqua, più delle marmellate,

I tuoi perdoni sono gelidi, o Regina di Sion!

 

                                           IV

 

Poi la Vergine non è altro che la vergine del libro.

I mistici slanci a volte si spezzano…

E viene la povertà delle immagini, patinate

Dalla noia, la miniatura atroce e le vecchie incisioni;

 

Curiosità vagamente impudiche

Atterriscono il sogno dalla caste azzurrità

Che si è sorpreso intorno alle celesti tuniche,

Ai panni con cui Gesù vela le sue nudità.

 

Lei vuole, eppure lei vuole, l'anima in pericolo,

La fronte nel guanciale cavo per le sue grida sorde,

Prolungare i supremi bagliori di tenerezza,

E sbava… - L'ombra riempie le case e i cortili.

 

E la bambina non ne può più. Si agita, inarca

Le reni e con una mano apre la tendina blu

Per portare un po' il fresco della stanza

Sotto il lenzuolo, sul ventre e sul petto in fiamme…

 

                                             V

 

Al risveglio, - mezzanotte -, la finestra è bianca.

De fronte al sonno azzurro delle tende illunate,

La coglie la visione dei candori della domenica;

Aveva sognato rosso. Le sanguina il naso,

 

E sentendosi casta e piena di debolezza

Per assaporare in Dio il suo amore che ritorna,

Ebbe la sete della notte in cui si esalta e si deprime

Il cuore, quando indovina il dolce occhio del cielo;

 

Della notte, Vergine-Madre impalpabile, che immerge

Tutte le giovani emozioni nei suoi grigi silenzi;

Ebbe sete della notte forte in cui il cuore che sanguina

Consuma senza testimoni la sua rivolta senza grida.

 

E mentre fa la vittima e la piccola sposa,

La sua stella la vede, una candela fra le dita,

Scendere nel cortile dove si asciuga una camicia,

Bianco spettro, e far sorgere spettri neri dai tetti.

 

                                         VI

 

Passò la sua notte santa nelle latrine.

Verso la candela, dai buchi del tetto colava l'aria bianca,

E qualche folle vigna dalle porpore nerastre

Che crollava al di qua di un cortile vicino.

 

L'abbaino disegnava un cuore di luce viva

Nel cortile dove il cielo basso tingeva d'oro vermiglio

I vetri; il selciato puzzava di acqua di lisciva

Inzolfando l'ombra dei muri colmi di sonni neri.

.   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   . .   .   .   .   .  

 

 

                                           VII

 

Chi mai dirà quei languori e quelle pietà immonde,

E quell'odio che in lei nascerà, o luridi pazzi

Il cui lavoro divino deforma ancora i mondi,

Quando la lebbra alla fine mangerà questo dolce corpo?

.   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .

 

E quando, ringoiato ogni nodo d'isteria,

Lei vedrà, nelle tristezze della felicità,

L'amante che sogna un bianco stuolo di Marie,

All'alba della notte d'amore, con dolore:

 

"Sai che ti ho fatto morire? Ti ho preso la bocca

Il tuo cuore, tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che avete;

Ed io, io sono malata: Oh! voglio che mi si stenda

Fra i Morti abbeverati dalle acque notturne!

 

"Ero proprio giovane, e Cristo ha insozzato il mio respiro.

Mi ha riempito di disgusto fino al collo!

Tu baciavi i miei capelli profondi come lana,

E io lasciavo fare… ah! certo, è bello per voi,

 

"Uomini! Non pensate mai che la più innamorata

È, nella sua coscienza d'ignobili terrori,

La più prostituta e la più dolente,

E che i nostri slanci verso di voi sono errori!

 

"Ormai la mia Prima Comunione è ben lontana.

I tuoi baci, non posso averli mai saputi:

E il mio cuore e la mia carne alla tua avvinghiata,

Brulicano del putrido bacio di Gesù!"

I


Vraiment, c'est bête, ces églises des villages
Où quinze laids marmots encrassant les piliers
Ecoutent, grasseyant les divins babillages,
Un noir grotesque dont fermentent les souliers :
Mais le soleil éveille, à travers les feuillages,
Les vieilles couleurs des vitraux irréguliers.

La pierre sent toujours la terre maternelle,
Vous verrez des monceaux de ces cailloux terreux
Dans la campagne en rut qui frémit solennelle,
Portant près des blés lourds, dans les sentiers ocreux,
Ces arbrisseaux brûlés ou bleuit la prunelle,
Des noeuds de mûriers noirs et de rosiers fuireux.

Tous les cent ans on rend ces granges respectables
Par un badigeon d'eau bleue et de lait caillé :
Si des mysticités grotesques sont notables
Près de la Notre Dame ou du Saint empaillé,
Des mouches sentant bon l'auberge et les étables
Se gorgent de cire au plancher ensoleillé.

L'enfant se doit surtout à la maison, famille
Des soins naïfs, des bons travaux abrutissants ;
Ils sortent, oubliant que la peau leur fourmille
Où le Prêtre du Christ plaqua ses doigts puissants.
On paie au Prêtre un toit ombré d'une charmille
Pour qu'il laisse au soleil tous ces fronts brunissants.

Le premier habit noir, le plus beau jour de tartes,
Sous le Napoléon ou le Petit Tambour
Quelque enluminure où les Josephs et les Marthes
Tirent la langue avec un excessif amour
Et que joindront, au jour de science, deux cartes,
Ces seuls doux souvenirs lui restent du grand jour.

Les filles vont toujours à l'église, contentes
De s'entendre appeler garces par les garçons
Qui font du genre après Messe ou vêpres chantantes.
Eux qui sont destinés au chic des garnisons,
Ils narguent au café les maisons importantes,
Blousés neuf, et gueulant d'effroyables chansons.

Cependant le Curé choisit pour les enfances
Des dessins ; dans son clos, les vêpres dites, quand
L'air s'emplit du lointain nasillement des danses,
Ils se sent, en dépit des célestes défenses,
Les doigts de pied ravis et le mollet marquant ;

- La nuit vient, noir pirate aux cieux d'or débarquant.

II


Le Prêtre a distingué parmi les catéchistes,
Congrégés des Faubourgs ou des Riches Quartiers,
Cette petite fille inconnue, aux yeux tristes,
Front jaune. Les parents semblent de doux portiers.
"Au grand Jour, le marquant parmi les Catéchistes,
Dieu fera sur ce front neiger ses bénitiers."

III


La veille du grand Jour, l'enfant se fait malade.
Mieux qu'à l'église haute aux funèbres rumeurs,
D'abord le frisson vient, - le lit n'étant pas fade -
Un frisson surhumain qui retourne : "Je meurs..."
Et, comme un vol d'amour fait à ses soeurs stupides,
Elle compte, abattue et les mains sur son coeur,
Les Anges, les Jésus et ses Vierges nitides
Et, calmement, son âme a bu tout son vainqueur.

Adonaï !... - Dans les terminaisons latines,
Des cieux moirés de vert baignent les Fronts vermeils
Et tachés du sang pur des célestes poitrines
De grands linges neigeux tombent sur les soleils !

- Pour ses virginités présentes et futures
Elle mort aux fraîcheurs de ta Rémission,
Mais plus tard que les lys d'eau, plus que les confitures,
Tes pardons sont glacés, ô Reine de Sion !

IV


Puis la Vierge n'est plus que la vierge du livre.
Les mystiques élans se cassent quelquefois...
Et vient la pauvreté des images, que cuivre
L'ennui, l'enluminure atroce et les vieux bois ;

Des curiosités vaguement impudiques
Epouvantent le rêve aux chastes bleuités
Qui s'est surpris autour des célestes tuniques,
Du linge dont Jésus voile ses nudités.

Elle veut, elle veut, pourtant, l'âme en détresse,
Le front dans l'oreiller creusé par les cris sourds,
Prolonger les éclairs suprêmes de tendresse,
Et bave... - L'ombre emplit les maisons et les cours.

Et l'enfant ne peut plus. Elle s'agite, cambre
Les reins et d'une main ouvre le rideau bleu
Pour amener un peu la fraîcheur de la chambre
Sous le drap, vers son ventre et sa poitrine en feu...

V


A son réveil, - minuit, la fenêtre était blanche.
Devant le sommeil bleu des rideaux illunés,
La vision la prit des candeurs du dimanche ;
Elle avait rêvé rouge. Elle saigna du nez,

Et se sentant bien chaste et pleine de faiblesse
Pour savourer en Dieu son amour revenant,
Elle eut soif de la nuit où s'exalte et s'abaisse
Le coeur, sous l'oeil des cieux doux, en les devinant ;

De la nuit, Vierge-Mère impalpable, qui baigne
Tous les jeunes émois de ses silences gris,
Elle eut soif de la nuit forte où le coeur qui saigne
Ecoule sans témoin sa révolte sans cris.

Et faisant la victime et la petite épouse,
Son étoile la vit, une chandelle aux doigts,
Descendre dans la cour où séchait une blouse,
Spectre blanc, et lever les spectres noirs des toits.

VI

Elle passa sa nuit sainte dans des latrines.
Vers la chandelle, aux trous du toit coulait l'air blanc,
Et quelque vigne folle aux noirceurs purpurines,
En deçà d'une cour voisine s'écroulant.

La lucarne faisait un coeur de lueur vive
Dans la cour où les cieux bas plaquaient d'ors vermeils
Les vitres ; les pavés puant l'eau de lessive
Soufraient l'ombre des murs bondés de noirs sommeils.
......................................................

VII


Qui dira ces langueurs et ces pitiés immondes,
Et ce qu'il lui viendra de haine, ô sales fous,
Dont le travail divin déforme encor les mondes,
Quand la lèpre à la fin mangera ce corps doux ?
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VIII


Et quand, ayant rentré tous ses noeuds d'hystéries,
Elle verra, sous les tristesses du bonheur,
L'amant rêver au blanc million des Maries,
Au matin de la nuit d'amour, avec douleur :

"Sais-tu que je t'ai fait mourir ?
J'ai pris ta bouche,
Ton coeur, tout ce qu'on a, tout ce que vous avez ;
Et moi, je suis malade : Oh ! je veux qu'on me couche
Parmi les Morts des eaux nocturnes abreuvés !

"J'étais bien jeune, et Christ a souillé mes haleines,
Il me bonda jusqu'à la gorge de dégoûts !
Tu baisais mes cheveux profonds comme les laines,
Et je me laissais faire... ah ! va, c'est bon pour vous,

"Hommes ! qui songez peu que la plus amoureuse
Est, sous sa conscience aux ignobles terreurs,
La plus prostituée et la plus douloureuse,
Et que tous nos élans vers vous sont des erreurs !

"Car ma Communion première est bien passée.
Tes baisers, je ne puis jamais les avoir sus :
Et mon coeur et ma chair par ta chair embrassée
Fourmillent du baiser putride de Jésus !"

IX


Alors l'âme pourrie et l'âme désolée
Sentiront ruisseler tes malédictions.
- Ils auront couché sur ta Haine inviolée,
Echappés, pour la mort, des justes passions,

Christ ! ô Christ, éternel voleur des énergies,
Dieu qui pour deux mille ans vouas à ta pâleur,
Cloués au sol, de honte et de céphalalgies,
Ou renversés, les fronts des femmes de douleur.

Juillet 1871.


Arthur Rimbaud in un disegno di  Paul Verlaine (1872)
Arthur Rimbaud in un disegno di Paul Verlaine (1872)


Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.
Prima edizione di "Una Stagione all'Inferno" (1873). Ed. Poot & C.


Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
Rimbaud diciassettenne ritratto da Henri-Fantin Latour (1872)
R. alla prima comunione (1866)
R. alla prima comunione (1866)
Rimbaud in Africa (1883)
Rimbaud in Africa (1883)