Nato da genitori francesi immigrati in Uruguay, Isidore Ducasse, conte di Lautréamont (in arte), potè attingere nell'infanzia dalla vasta biblioteca del padre François, funzionario del consolato di Francia. Apparve fin da subito un ragazzo irrequieto e impulsivo, si appassionava ai crudeli combattimenti di galli nei sobborghi di Montevideo e si divertiva - raccontano - ad aprire le bottiglie a revolverate in quell'opprimente atmosfera di violenza che incombeva sulla città ghermita dall'assedio argentino. Nel 1859 venne mandato in Francia per compiere gli studi. Fino al 1862 fu "allievo interno" presso il Liceo imperiale di Tarbes, dove seguì i corsi della "divisione di grammatica" con risultati mediocri. Dall'ottobre 1863 proseguì gli studi presso il Liceo imperiale di Pau, dove rimase due anni seguendo i corsi di retorica e filosofia. Continuò però a non brillare, assunse un'aria malinconica, provava forte disagio e insofferenza verso la vita del collegio e lo studio, e cercava di evaderne con frenetici slanci d'immaginazione. "Era alto ed esile, triste e silenzioso, i capelli lunghi gli cadevano sulla fronte pallida come il viso... mi parlava con entusiasmo dei paesi d'oltremare dove conduceva una vita libera e felice. Amava l' Edipo re di Sofocle, ma avrebbe preferito un finale più cruento, ed Edgar Allan Poe, di cui aveva già letto tutti i racconti", ricorda Paul Lespès, condiscepolo del collegio. Nel 1864, verso la fine dell'anno scolastico, Histin, professore di retorica, s'infuriò per un suo componimento dallo stile eccessivo e provocatorio, dove una fantasia esasperata scardinava tutte le regole sintattiche, e per punizione gli tolse la libera uscita. Isidore ne rimase profondamente ferito ma proseguì per la sua strada: compose un discorso francese in cui raccapriccianti immagini della morte esprimevano la sua rivolta furiosa e cieca contro l'abbrutimento di un'esistenza soffocante. Nell'agosto 1865 decise di abbandonanare il liceo, afflitto peraltro da insopportabili emicranie. Le sue tracce si perdono fino al 1867, quando andò a Parigi a condurre una vita agiata grazie alla pensione mensile inviatagli dal padre. Cominciò a dedicarsi completamente alla letteratura: "Scriveva soltanto di notte, seduto al pianoforte, declamando le sue frasi ed esasperando gli inquilini dell'albergo", ricorda Genonceaux, curatore di un'edizione delle sue opere. Nell'agosto 1868 Isidore Ducasse fece stampare a proprie spese, anonimo, il primo Canto di Maldoror (nome proprio che può anche interpretarsi "male d'aurora"). Inviò una lettera a un critico firmandosi "L'Autore" e chiedendo una recensione che uscì ben presto sulla rivista "La Jeunesse" e che parlava di "stranezza selvaggia, disperato vigore ideale". L'accoglienza del vivace ambiente letterario parigino fu tutto sommato positiva. Nel 1869 Lautréamont fece stampare a Bruxelles i sei Canti di Maldoror , un'opera eversiva e blasfema, d'estrema avanguardia, che avrebbe reso il suo autore nume tutelare dei surrealisti. L'editore, spaventato dalla violenza espressiva del testo, decise di lasciare le copie in magazzino, qualcuna riuscì tuttavia a circolare e ricevette pareri discordanti. L'editore Poulet-Malassis, processato a suo tempo per I fiori del male , ne intuì l'importanza, un critico la bollò invece come "una curiosità bibliografica, riflessioni bizzarre, una specie di Apocalisse senza senso". Nel 1870, ad aprile, uscì a Parigi il primo fascicolo delle Poesie , a giugno il secondo: l'autore aveva ripudiato il malessere esistenziale in nome di un ritrovato vigore che lo spronava a ricercare la felicità e il piacere della speranza. Lautréamont morì misteriosamente il 24 novembre 1870 in un albergo di Montmartre, a ventiquattro anni. Non se n'è mai conosciuta la causa. "Non lascerò Memorie", aveva scritto nelle Poesie.